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  • Ilaria Introzzi

A tu per tu con Nadar, lo specchio per riflettere su chi siamo, dove andiamo...


Nadar, autoritratto


Capita a volte di prendere in mano un libro, una biografia, e di rimanere intrigati dal suo contenuto, immaginandoci sopra un discorso generale, non strettamente legato al protagonista del contenuto, magari Nadar. Sotto titolata “Un bohémienne introverso”, scritta da Stéphanie de Saint Marc ed edita da Johan & Levi, si tratta di un’opera di grande riflessione. Non tanto per la vita del fotografo impegnato a "estrarre la verità psicologica del soggetto", quanto per quella in generale di ognuno di noi. Perché tra i grandi successi di Gaspard-Félix Tournachon, il suo vero nome, vengono segnalati e raccontati a dovere anche i suoi fallimenti, tra cui quello, riuscito appunto solo in parte, di voler creare uno studio fotografico su una sorta di mongolfiera. Le fragilità, di un uomo incapace di comprendere davvero e fino alla fine il suo genio e per questo sempre allerta nei confronti del fratello, prima, e del figlio Paul a qualche decennio dalla morte. E poi le difficoltà economiche, dovute anche a un grande sperpero di denaro, a cui seguono a stretto giro copiose ricchezze.


Sometimes it happens to pick up a book, a biography, and to remain intrigued by its content, imagining a general discourse on it, not strictly linked to the protagonist of the content, perhaps Nadar. Under the title "An introverted bohemian", written by Stéphanie de Saint Marc and edited by Johan & Levi, it is a work of great reflection. Not so much for the life of the photographer committed to "extracting the psychological truth of the subject", as for that of each of us in general. Because among the great successes of Gaspard-Félix Tournachon, his real name, his failures are also properly reported and recounted, including that of wanting to create a photographic studio on a sort of hot air balloon. The frailties of a man unable to truly understand his genius right up to the end and for this reason always alert to his brother, before him, and to his son Paul a few decades after his death. And then the economic difficulties, also due to a great waste of money, which are closely followed by copious wealth.

Victor Hugo ritratto da Nadar


Il personaggio Nadar si scopre alla fine caricatura di se stesso. Anche in senso positivo. Probabilmente se non si fosse dato quel nomignolo non sarebbe stato colui che ha cambiato definitivamente la storia della fotografia. Una questione su cui non vale neppure la pena discutere. Ma per supportare i suoi scatti, alimentare gli studi fotografici - ne cambia almeno tre, finendo a Marsiglia gli ultimi anni della sua vita - le attività di Félix sono disparata: s’inventa, e con un certo successo popolare, il mestiere di caricaturista, da cui deriva la sua passione per i ritratti, e poi è scrittore, giornalista. La curiosità è un altro elemento, un tassello del mosaico in grado di comporre un quadro più ampio dell’artista. Un soggetto che preferisce comunque i bassifondi rispetto ai salotti buoni, che ogni tanto però frequenta; la politica rossa senza mai abbandonare lo sguardo sul mondo conservatore: del resto è dà lì che potrebbero provenire gli aiuti economici più consistenti. E lui ne ha chiesti. Nadar è infine uomo di scienza, nel senso che tiene ben teso lo sguardo e l’udito ai progressi tecnologici del suo periodo, ovvero la seconda metà dell’Ottocento.


The character Nadar eventually turns out to be a caricature of himself. Also in a positive sense. Probably if he hadn't given himself that nickname he would not have been the one who definitively changed the history of photography. An issue that is not even worth discussing. But to support his shots, feed his photographic studios - he changes at least three, ending the last years of his life in Marseille - Félix's activities are disparate: he invents, and with some popular success, the profession of caricaturist, hence his passion for portraits, and then he is a writer, a journalist. Curiosity is another element, a piece of the mosaic capable of composing a larger picture of the artist. A person who still prefers the slums over the good living rooms, which he frequents every now and then; red politics without ever abandoning the gaze on the conservative world: after all, it is there that the most substantial economic aid could come. And he asked for it. Finally, Nadar is a man of science, in the sense that he keeps his eyes and ears intact to the technological advances of his period, that is the second half of the nineteenth century.

Pierrot, uno dei primi scatti di Nadar realizzato con il fratello


Infaticabile, probabilmente scorbutico, versatile e certamente à la page, nel secolo successivo Nadar diventa esempio per molti sui omologhi: Picasso in primis. Pittore, scultore… ma che lo si dice a fare, si sa.

Artista è una parola che talvolta può porre le distanze con chi tale non è. Eppure dagli tratteggi letterari sulla vita del fotografo francese, nato a Parigi il 6 aprile del 1920 e morto sempre nella capitale il 20 marzo del 1910, è possibile che chiunque possa rispecchiarsi, imparando che una vita è tale solo se imperfetta, imprecisa. Specialmente imprevista. Banalità? Forse. Ma spesso è significativo ribadirlo in un contesto storico quale il nostro in cui l’onnipotenza data dal potere delle immagini, guarda caso, porta gli utenti - forse ancora esseri umani - a sentirsi onnipotenti, invincibili, artisti compresi. La bellezza della nostra animalità, invece, sta proprio nell’essere carne e spirito, ancora una volta, rintracciando nei giorni la nostra sensibilità.


Indefatigable, probably grumpy, versatile and certainly à la page, in the following century Nadar became an example for many of his counterparts: Picasso in the first place. Painter, sculptor ... but what is said to do, you know.

Artist is a word that can sometimes put the distance with those who are not such. Yet from the literary sketches on the life of the French photographer, born in Paris on april 6, 1920 and who also died in the capital on march 20, 1910, it is possible that anyone can reflect himself, learning that a life is such only if it is imperfect, imprecise. Especially unexpected. Banality? Perhaps. But it is often significant to reiterate this in a historical context such as ours in which the omnipotence given by the power of images, coincidentally, leads users - perhaps still human beings - to feel omnipotent, invincible, including artists. The beauty of our animality, on the other hand, lies precisely in being flesh and spirit, once again, tracing our sensitivity over the days.

Ritratto di Nadar

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